La ripresa dunque c’è ma non ci si può permettere di considerare superata la crisi

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di Salvatore Randazzo

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Il Governo finalmente può gioire dei buoni dati della nostra situazione economica e con vera soddisfazione accoglie le risultanze ISTAT sul nostro aumento del PIL. Anche il Fondo Monetario ha previsto una nostra crescita a fine 2017 dell’1,3 %, sottolineando comunque la nostra bassa produttività, i pochi investimenti e la poca attenzione rivolta alla dinamica del nostro debito pubblico. Finalmente cresciamo non dovendo però dimenticare che siamo al riparo dell’ombrello della BCE, i cui effetti a breve purtroppo finiranno mettendo naturalmente in crisi il nostro “debito”. Dati Istat dicevamo interessanti: Si è registrato l’aumento del export italiano, salito del 4%. Le macchine utensili hanno avuto un notevole aumento di commesse e, importante, si è notata la ripresa dei “servizi” che incidono per i 2/3 dell’economia. La produzione industriale è in recupero a maggio (più 0,5%). Sempre secondo l’Istat abbiamo avuto in un anno 326.000 occupati in più, pur evidenziando che i contratti a tempo indeterminato sono cresciuti dello 0,8%. Il tasso di disoccupazione oggi in Italia è purtroppo ancora dell’11,1%. E’ auspicabile che l’ulteriore flessibilità che ci verrà concessa dall’Europa serva per scongiurare gli aumenti IVA e per ridurre il peso fiscale sul lavoro. La ripresa economica sta dunque attenuando il dramma della disoccupazione e si capisce come lo sviluppo dipenda fortemente dalle innovazioni tecnologiche, dal commercio internazionale, dalla creazione di nuovi mercati. Si deve tener presente che le mansioni di routine saranno destinate a fortemente scomparire e bisogna pensare ad investire per formare le nuove risorse umane, perché possano acquisire conoscenze trasversali per non essere mai obsolete. Il “cambiamento” nel suo insieme, in Europa ed in Italia in particolare, non può che essere gestito da un Paese che disponga di una forte stabilità politica. In Italia, in particolare il PD, che è il Partito più rappresentativo, dovrà ricostruire una strategia capace di conquistare alleati “giusti” per governare concretamente questa nostra nazione. Bisogna allargare le liste del Partito al mondo dell’Associazionismo, ai cattolici e liberali. Bisogna insomma conquistare il “centro”, sottraendolo alla “destra”, non trascurando la “sinistra” (escluso il cespuglio scissionista) per la quale bisogna dimostrare una particolare attenzione, avendo cura di evitare che ci sia spazio per intese ufficiose, presenti e/o future, con il Centro Destra. Tale operazione si deve compiere con serietà ed impegno nell’interesse del Paese, utilizzando persone che abbiano cultura di Governo per realizzare un piano di grande respiro da condividersi prima delle elezioni. E’ evidente, se si vuole governare il Paese, che si faccia uno sforzo perché il Parlamento voti una legge elettorale in una logica maggioritaria, perché con il “proporzionale” l’Italia non si governerà mai bene, in quanto sarà figlia di ripetuti inciuci e non godrà di quella stabilità politica di cui ha urgente bisogno. Non si può non essere consapevoli che le condizioni di difficoltà nelle quali si trova oggi la politica dipendono, in gran parte, da quel NO dato al Referendum del 4 dicembre 2016. I “vincitori” di allora, in larga misura, sono consapevoli delle conseguenze negative di quella loro vittoria. La classe politica dunque, nell’interesse del Paese, sarà inevitabile che riprenda, nella prossima legislatura, il filo di quelle riforme.

 

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