A don Pi.Gi, grazie per avermi fatto incontrare Dio nella mia vita. Con tanto affetto, stima e gratitudine

Correggio, adorazione dei Magi, 1517, Pinacoteca di Brera, Milano. In una epoca in cui il tema dell’adorazione dei Magi forniva agli artisti l’occasione per dipingere cortei sfarzosi e animali esotici, Correggio interpreta il tema usando un linguaggio diverso, lasciando al centro della composizione uno spazio vuoto ma che, in realtà, è ricolmo di significato. I personaggi raffigurati sono i protagonisti già molte volte rappresentati attraverso questa iconografia, ma vediamoli uno per uno nel loro significato più profondo. Ci accompagnerà il profeta Isaia, al capitolo 60, usato nella liturgia come prefigurazione dell’Epifania. Riprendiamolo allora, come filo conduttore di questo nostro viaggio attraverso le immagini. “Alzati, rivesti di luce, perché viene la tua luce, la gloria del Signore brilla sopra di te. Poiché , ecco, le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni: ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te” perché viene la Tua luce, la luce della Grazia che si manifesta in un segno visibile solo per chi sa guardare e lo sa trovare, per chi si mette in viaggio alla ricerca di una luce diversa. Questa luce Vera, di cui parla anche l’Evangelista Giovanni nel suo prologo, è qui rappresentata sotto la forma di una piccolissima cometa sullo sfondo, tra gli angeli e la capanna, e dagli angeli stessi. Ma chi sono questi angeli? Non sono angeli comuni ma Cherubini, coloro che sono stati posti all’ingresso del giardino di Eden dopo l’autoesclusione dalla Grazia da parte di Adamo ed Eva. Sono di colore blu in quanto, insieme ai Serafini raffigurati con il colore rosso, sono coloro che sono talmente vicini alla Luce Vera, al trono dell’Amore vero, che ardono come fuoco per la vicinanza di questo Amore. Qui li vediamo compresi tra una colonna, la fine della cometa e la casa in posizione orante, di coloro che introducono la Luce Vera nel mondo, che la rendono presenza viva, di coloro che grazie a questa nuova presenza viva, vera e reale che si è incarnata, possono riaprire le porte del cielo. Essi sono esattamente sopra il capo di Maria, colei che ha permesso tutto questo grazie al sì gratuito, che per prima ha saputo vedere la vera luce dell’Amore, del Dio che si fa presenza. Sono posti davanti ad una colonna antica, una colonna che sorregge la casa e che potrebbe essere vista come segno di continuità tra il passato ed il nuovo. Gesù Cristo è segno di continuità e di novità. Egli è la nuova Luce, come aveva già preannunciato Isaia, ma una luce vera, diversa dalle luci che ci attraggono e distraggono del mondo “il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più il chiarore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà perché il Signore sarà per te luce eterna.” Correggio la dipinge giustamente come evanescente, dietro i cherubini si notano degli alberi tra le cui fronde soffia un vento che investe solo loro: è il soffio di Dio, Ruah, l’alito della vita vera. Se riprendiamo la visione intera del quadro notiamo come la luce illumina il cavallo bianco sullo sfondo, la pisside in mano a san Giuseppe ed è emanata dal Bambino. Il cavallo bianco: da sempre non è mai stato associato ai Magi ma ai re ed agli imperatori, ma qui siamo in presenza di un re, un re diverso che non alza la voce, non si impone ma propone la Sua presenza in umiltà, lasciando l’uomo libero di aderire. Ma amandolo immensamente e gratuitamente, fino alla morte e alla morte in croce. Allora il Bambino è avvolto da un piccolo sudario bianco, è ritto sulle ginocchia di Maria e porge il piede al bacio prostrato davanti a lui, nel gesto che gli ambasciatori di tutto il medio evo facevano alla presenza di un re. Con la mano benedice la scena riproducendo il gesto del Chrismon, le tre dita rivolte verso l’alto che ricordano la SS. Trinità e che la salvezza viene solo dal cielo, e le due dita rimanenti sono ripiegate verso il basso, verso se stesso, Egli infatti è vero Dio e vero uomo. Il Magio davanti a lui appoggia il cappello per terra riconoscendo qualcuno che è più importante di lui, le sue vesti sono rosa e giallo oro. Rosa, da sempre usato per indicare l’alba della creazione, ma qui siamo davanti all’inizio di una nuova creazione, e l’oro, la regalità e la divinità. I loro sguardi si incrociano, in uno scambio di amore e di arresa unici. Con una mano si tocca la spalla, come per dire il suo eccomi, sono qui per adorarti e riconoscerti Signore della mia vita. Ecco spiegato il vuoto dietro di lui, non è un vuoto ma una spazio ricolmo della presenza di Dio. Solo se ho sperimentato l’assenza di Dio posso comprendere, riconoscere e sperimentarne la Sua presenza. Allora non è il vuoto, è lo spazio da dare a Dio nella mia vita. Il profeta ci ricorda “verranno a te in atteggiamento umile, i figli dei tuoi oppressori; si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno città del Signore, Sion del Santo d’Israele. Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l’orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni.”. ed eco la gioia piena dell’attesa, del viaggio di una vita alla ricerca dell’Amore vero. È il secondo magio che corre, in atteggiamento umile, che si tiene le vesti come se stesse abbracciando questa scelta, è già curvo, noncurante del dono che porta ma già ricolmo nello sguardo del Dono vero che ha finalmente trovato. L’atteggiamento umile di chi sa guardare e mettersi in gioco, di chi si mette in viaggio alla ricerca del Tutto che ti riempie la vita. Dietro a lui si intravede un cane, simbolo di fedeltà. Anche il terzo magio, aiutato da un ragazzo, è talmente preso da aver trovato qualcosa che riconosce come unico, di chi è quasi impreparato all’evento. È come fermo, indeciso se portare il proprio dono ad un altro Dono che si propone davanti a lui. Un piccolo Dono, nato da poco ma in cui riconosce un valore inestimabile.  I Magi, i popoli che riconoscono la vera Luce. Sullo sfondo notiamo, appena accennati, dei cammelli. E qui ritroviamo ancora Isaia: “alza gli occhi e guarda: tutti costoro si sono radunati, vengono a te. I tuoi figli vengono da lontano, le tue figlie sono portate in braccio. A quella vista sarai raggiante, palpiterà e si dilaterà il tuo cuore, perché le ricchezze del mare si riverseranno su di te, verranno a te i beni dei popoli. Uno stuolo di cammelli ti invaderà, dromedari di Madian e di Efa, tutti verranno da Saba, portando oro e incenso e proclamando le glorie del Signore”. I cammelli ti invaderanno: i cammelli vengono definiti, nella storia dell’arte cristiana, come i vascelli della temperanza, non sono equiparati ai cavalli, ma coloro che ti permettono di fare il viaggio, in umiltà. Ma torniamo alla nostra scena principale: ”le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciar introdurre da te le ricchezze dei popoli e i loro re che faranno da guida”. Le tue porte saranno sempre aperte: la capanna è aperta, in quanto la salvezza è per tutti, Dio non chiude le sue porte, ma le spalanca. La Sacra scrittura ci ricorda che se anche una madre si dimentica dei suoi figli, Dio non ci abbandonerà mai, nemmeno nei momenti della vita più bui, ecco quindi l’edera, la fedeltà di Dio, dietro le spalle della Vergine. Maria raffigurata con i colori bizantini: il rosso segno che è creatura come noi ma, a differenza di noi, è stata rivestita della Grazia, il blu, è rivestita e riempita di cielo. Il capo è chino, in segno di accettazione del mistero che tiene tra le braccia e che offre al mondo, girata in una posizione quasi innaturale. Ma siamo davanti ad un Mistero, non da tutti ancora riconosciuto. Ma io devo conoscere per poter riconoscere, e Maria sapeva, conosceva e serbava tutto nel suo cuore. Il capo è velato, segno delle donne non sposate e quindi delle vergini. Dietro Lei colui che ha svolto un ruolo importantissimo rimanendo nell’ombra: Giuseppe. Tiene in mano il dono del Magio inginocchiato che richiama una pisside, il Dono vero, il Figlio a cui lui ha fatto da padre adottivo, vivendo questa chiamata nella fede e nell’abbandono più totale. È in disparte, dietro alla colonna, è vecchio, da sempre raffigurato così in quanto non ha nulla a che fare con questa nascita, vestito di marrone aranciato, simbolo della terra, dell’essere creatura. Ma appoggiato alla colonna sovrastata dalla Grazia del cielo che si apre e si manifesta per la nostra salvezza. Uomo di fede e di dubbi, come tutti noi, ma che si è fidato di Dio e che sceglie di non scappare ma di essere partecipe di questo Mistero. Allora la colonna per lui rappresenta la sua fermezza nella fede, nel saper stare al suo posto, inchina anche lui il capo contemplando il Mistero fattosi Bambino che davanti a lui si manifesta al mondo. È  la nostra colonna, il nostro appoggio in un mondo che, come questa capanna, sembra oggi andare in rovina ma, come lui dobbiamo saper guardare avanti, guardare e riconoscere il Mistero che si fa carne davanti a noi e che a noi si dona. E noi potremo così ritornare ad essere il Suo popolo. “Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in possesso la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle Sue mani per mostrare la Sua gloria. Il piccolo diventerà un migliaio, il minimo un immenso popolo; io sono il Signore: a suo tempo farò ciò speditamente.”

di Laura Vanna Ferrari Bardile