Sfatiamo i miti e scopriamo quanta ne dovremmo bere per stare bene

Le acque minerali naturali si distinguono dalle normali acque potabili perché hanno caratteristiche igieniche particolari e arrivano sulla tavola così come sgorgano alla fonte, senza interventi di alcun tipo. Tra loro si distinguono, soprattutto, per il tenore in minerali, oligoelementi o altri costituenti e per, eventuali, taluni loro effetti sulla salute.

In condizioni di riposo, una persona di taglia media necessita di circa due litri di acqua al giorno. La qualità giornaliera di acqua necessaria, si può calcolare approssimativamente moltiplicando peso corporeo per 0,03 (per esempio, una persona che pesa 70 kg necessita di almeno 2,1 litri di acqua al giorno). Noi ne assumiamo circa la metà tramite le bevande, la quota restante è in parte introdotta con i cibi e in parte prodotta dai processi di ossidazione degli alimenti. Nella stagione estiva, e in generale quando si suda molto, le necessità aumentano e si deve bere di più. Sudando, si tende a perdere anche una maggiore quantità di sali e, in questo caso, sono da preferire acque a contenuto salino medio-alto.

Le acque minerali, pur potendo contribuire alla salute delle persone, non sono farmaci e non possiedono effetti terapeutici in senso stretto, ma in base alla quantità e alla qualità delle sostanze disciolte in esse, possono aiutare a colmare diversi bisogni dell’organismo che possono variare in funzione dell’età e delle eventuali patologie. A esempio, i neonati devono assumere pochi sali e necessitano di acque minimamente mineralizzate (sconsiglierei, quindi, l’acqua del rubinetto) mentre i ragazzi e le donne incinte possono giovarsi di acque ricche di calcio. Gli anziani hanno esigenze, a volte, contrastanti. Se da un lato possono essere utili acque ricche di calcio (per le ossa) o di magnesio e solfati in caso di stipsi, dall’altro quelle a basso contenuto di minerali incrementano della diuresi contribuendo all’eliminazione dell’acido urico.

Anche situazioni patologiche possono beneficiare di acque minerali diverse. A esempio, se si hanno problemi di acidità gastrica, bere lontano dai pasti acque bicarbonate può alleviare il bruciore. Un mito da sfatare è che le acque ricche di calcio possano contribuire alla formazione di calcoli renali. Anzi, in individui con calcoli renali da ossalato di calcio, la restrizione alimentare del cacio aumenta il rischio di formazione dei calcoli. Questo perché gli ossalati assunti col cibo se si legano al calcio nell’intestino non vengono assorbiti, se sono liberi, viceversa, entrano nel circolo sanguigno e si legano al calcio, precipitando a livello renale.

Le caratteristiche di un’acqua minerale sono evidenziate nell’etichetta che rappresenta una sorta di identità. La normativa impone che vi siano riportate molteplici informazioni utili (es. quali e quanti sali e oligoelementi sono presenti) per permettere al consumatore di scegliere in modo consapevole. Tra i dati presenti nell’etichetta vi è il residuo fisso; esso esprime la quantità di soluti (soprattutto sali) presenti all’interno di un’acqua minerale. Si calcola facendo evaporare ed essiccare in stufa a 180 °C, un litro di acqua. Si definiscono acque: “minimamente mineralizzate” se il residuo non è superiore a 50 mg/l, “oligominerali” o “leggermente mineralizzate” se non supera 500 mg/l, “ricche di sali minerali” se supera i 1500 mg/l.

Le acque minerali non gasate solo quelle vendute maggiormente, ma non è che siano necessariamente migliori. Le acque gassate danno un maggiore sensazione dissetante perché “ingannano” le terminazioni nervose della mucosa orale coinvolte nel senso della sete.

L’anidride carbonica stimola la secrezione acida dello stomaco e, quindi, queste acque sono controindicate in chi soffre di problemi di acidità, mentre (secondo alcuni) potrebbero facilitare la digestione.

Anche il bere tanto al mattino a digiuno è una sorta di mito: in realtà, bisognerebbe bere spesso durante tutta la giornata, lentamente, a piccoli sorsi. Il consumare una quota sufficiente di acqua è importante durante le diete dimagranti. Vi sono evidenze scientifiche che dimostrano come una disidratazione, anche lieve, comporti una riduzione del consumo energetico e un aumento di peso. Secondo alcuni studi, una assunzione di elevate quantità di acqua potrebbe contribuire far calare di peso sia attraverso una riduzione dell’assunzione di cibo sia attraverso un aumento del metabolismo dei grassi (lipolisi), ma ciò deve essere ancora confermato.

Di Maria Teresa Calce

in collaborazione con il Dott. GIANLEONE DI SACCO – Medico Chirurgo Specialista in Endocrinologia Dirigente Medico – U.O.C.  di Malattie Endocrine e Diabetologia – Centro di riferimento per lo studio, la diagnosi  e la terapia dell’Obesità ASST Lariana – Ospedale Sant’Anna di Como


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Altro mito da sfatare è che bere durante i pasti possa fare male o, comunque, sia sconsigliato. Bere durante i pasti, anzi, può stimolare la secrezione gastrica e non altera la digestione. Studi scientifici hanno evidenziato, come acque bicabonate, se bevute durante i pasti, favoriscano lo svuotamento gastrico attraverso vari meccanismi, fra cui, la liberazione di gastrina endogena.