Il Placido furioso e la polemica a Venezia

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di Baldassarre Aufiero

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Ci sono ambienti, situazioni, di cui ti accorgi immediatamente che non sono in linea con quello che sei, addirittura in netto contrasto con la tua vera personalità. Lo stesso succede anche quando incontri persone, che epidermicamente ti sono antipicatiche, se non addirittura odiose. E se in un primo momento cerchi di evitare polemiche o contrasti, in un secondo momento o eviti la discussione allontanandoti, oppure ci sei dentro. E’ quello che è successo a Venezia alla presentazione della pellicola “Il grande sogno”, di Michele Placido. Una giornalista ha chiesto al regista lucano, se non era una “contradictio in terminis” che una pellicola sui valori e le ideologie rivoluzionarie del ‘68 sia poi distribuita dalla Medusa, proprietà del Premier Silvio Berlusconi. Cosa ha risposto l’ex Comissario Cattani. Un susseguirsi in crescendo di parole forti, sproloqui e insulti: da “questa è una domanda stupida” ama con chi cazz’ li devo fare io i filmfino a “ma andate a quel paese“, passando per un’invettiva contro il cinema americano e gli inglesi (aveva scambiato la cronista spagnola per una cittadina del Regno Unito) che prima fanno le guerre e poi ci fanno sopra i film per fare la figura dei buoni. Ma la chicca è stata quando finalmente Placido ha compreso la nazionalità della giornalista e ha affermato: “Ah, spagnola, peggio”. Come dire che alla vergogna non c’è limite.

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Ma al di là della penosa conferenza, veniamo alla trama. Nicola è un giovane poliziotto che ama il teatro e vorrebbe diventare attore. Laura è una studentessa universitaria di matrice cattolica pronta a lottare contro l’ingiustizia. Libero è un leader del movimento studentesco. Gli anni sono quelli che precedono, attraversano e seguono il 1968 e i suoi rivolgimenti. Nicola, infiltrato dai suoi superiori nel movimento, si innamorerà di Laura e cercherà anche di comprendere un mondo che gli è al contempo congeniale e lontano. Michele Placido decide di raccontare se stesso e la sua gioventù. Lo fa cercando di descrivere mondi differenti che si incontrano/scontrano in un periodo di fermenti sociali e culturali. L’operazione riesce a metà perché il dato personale e autobiografico al contempo frena e fagocita lo sguardo complessivo. Il grande sogno, si ritrova con il dire di più del complesso rapporto, con la liberazione sessuale dei suoi protagonisti di estrazione sociale diversa, che non del complessivo “grande sogno” di una generazione. Le ideologie contrastanti (fascismo/comunismo) vengono poste in contrapposizione a gocce, se non altro in occasione della repressione poliziesca verso una manifestazione prima pacifista poi violenta. Oltre ciò, Placido condisce il film di espedienti cinematografici inutili e superflui, che in alcuni frangenti disturbano lo spettatore come nel caso di una sequenza con “telecamera a spalla”, nauseando l’intera platea per il continuo movimento inessenziale ai fini narrativi.

Infine possiamo affermare che Placido divaga senza arrivare a fondo ed anche nel finale l’opera ci è sembrata rabberciata.

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