DON PEPPINO, CI HA LASCIATI
Lunedì 20 febbraio “l’amico di tutti” è stato salutato per l’ultima volta da centinaia di Trezzanesi. I 32 anni di presenza a Trezzano distinti da ricerche, studi, numerosi aneddoti e molta disponibilità

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A cura di Giorgio Villani

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Se né andato di fronte allo stesso numero di persone che lo accolse nel lontano 1964. Lunedì 20 febbraio, sin dalle prime ore del mattino, la chiesa di S. Ambrogio, il piazzale, il cortile dell’oratorio e l’ampio salone situato all’interno dello stesso cortile, erano zeppi di cittadini.
Nonostante il cattivo tempo e la fitta pioggia, un numero immenso di trezzanesi ha voluto essere presente alla cerimonia funebre per tributare l’ultimo saluto a Giuseppe Ponti, il parroco conosciuto da tutti come Don Peppino. Un uomo che anche in quest’ultimo ed estremo passo terreno ha voluto essere se stesso sfoggiando quella imprevedibilità che lo ha accompagnato per tutta la vita.
Ci ha lasciati in modo repentino, senza clamori, suscitando in tutti noi lo sgomento che viene creato dalla brutta e inaspettata notizia.
Cosa dire di questo parroco che è stato amico di tutti e che da bambino, dopo essersi trasferito da Samarate di Varese a Barasso di Varese è stato “Male accolto, anzi rifiutato perché immigrato dal sud del varesotto”?
Gli aneddoti da raccontare per chi lo ha conosciuto sin dal lontano suo arrivo, sono sicuramente molti a cominciare dal determinante contributo dato alla realizzazione del gemellaggio con la cittadina tedesca di Eching e proprio per questo, chi scrive, ha deciso di evitare la stuccosa ricostruzione dei molteplici episodi che lo hanno visto protagonista limitandosi a citare solo alcune circostanze di carattere personale.
Mi ricordo quando nel lontano 1965, qualche giorno prima del matrimonio mi recai da lui per organizzare i particolari della cerimonia e dopo avermi stretto la mano mi prese a braccetto e, costringendomi a fare qualche passo, sottovoce, mi disse: “Ma sei proprio sicuro”.

DON PEPPINO

Come mi ricordo quando nello scorso mese di dicembre dopo che lo invitai a intervenire alla
presentazione del mio ultimo libro, rispose: “Sono quattro anni che non esco di sera ma se l’amico Raul mi accompagnerà ci sarò”.
E quella sera Don Peppino e quel signor Raul che da cinque anni lo assisteva e lo accompagnava al di fuori dalla sua abitazione di Gaggiano, arrivarono puntuali alle 20.45 davanti al Centro Expo.
Purtroppo, non poterono però partecipare all’iniziativa perché all’ingresso dell’importante luogo pubblico c’erano due gradini insuperabili non solo per il voluminoso corpo del Don ma anche per qualsiasi altro portatore di handicap.
Don Peppino non drammatizzò la circostanza e si limitò a dirmi: “Peccato, ci tenevo ad essere presente; salutami tutti i vecchi trezzanesi e, mi raccomando, chiedi al Sindaco di risolvere il problema”.
Ci salutammo impegnandoci reciprocamente ad un successivo incontro presso il bar dell’oratorio; incontro che si svolse pochi giorni dopo e che ci permise di tornare indietro nel tempo e raccontarci buona parte di episodi famigliari e non che caratterizzarono la nostra vita.
Mi parlò di suo padre, Enrico, che come operaio svolse l’attività di fonditore in ghisa, di sua madre Rosa che lavorò come tessitrice in un cotonificio, del fratello Mario al quale fu particolarmente legato perché più piccolo di lui di nove anni, della sorella Carolina, della miseria che visse nella sua infanzia, della disoccupazione che colpì la sua famiglia negli anni trenta, della morte del padre e della successiva decisione di entrare in seminario.
Nato a Samarate il 12 Luglio 1925, entrò giovanissimo in seminario tanto che a 23 anni diventò prete (22 Maggio 1948) e andò a fare il coadiutore a Cesano Boscone.

La pergamena, conferita lo scorso dicembre a Don Peppino, come "riconoscenza epr essere stato tra gli interpreti della lunga storia del Comune di Trezzano sul Naviglio"

Nel 1964 a 39 anni gli vennero consegnate le chiavi della chiesa di S. Ambrogio.
Da quel giorno Giuseppe Ponti divenne il parroco di tutti i trezzanesi facendosi ben volere per la sua smisurata disponibilità per oltre trent’anni.
Nel 1996, dopo 32 anni, Don Peppino passò le chiavi della chiesa di S. Ambrogio al suo successore  e diventò, come lui soleva affermare: “Un fortunato pensionato”.
Il parroco di tutti fu il promotore dei lavori di ristrutturazione che, nella chiesa di S. Ambrogio, portarono alla luce importanti affreschi del Luini (quanto ci teneva a raccontare quegli episodi) celebrò migliaia di matrimoni e oltre cinquemila battesimi, fece ricerche storiche, scrisse decine di libri e fu anche protagonista della vita associativa e culturale trezzanese.
Come accennato a salutarlo per l’ultima volta c’erano centinaia di cittadini, c’era tutta la vecchia Trezzano.
Uno dei pochi assenti all’ultima messa è stato un suo carissimo amico, un uomo amato dai cittadini come lo fu lui, un uomo che anche poche settimane or sono Don Peppino mi confidò di averlo ritenuto il miglior amministratore pubblico di Trezzano, un uomo che al suo pari, quando se ne andò, lasciò un gran vuoto in noi, perché  Romeo Salvini e Giuseppe Ponti hanno sicuramente avuto una pregevole cosa in comune, quella di essere stati, pur con competenze diverse, i papà di tutti i trezzanesi per molti e indimenticabili anni.

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