L’Autore risponde a cinque domande del “Corriere” per approfondire fatti e circostanze

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A cura di Enaile

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IL LIBRO "NON E' GIUSTIZIA" E IN VENDITA. Termidoro Edizioni, euro 18,00 dall'11 luglio 2012 nelle librerie. Da Subito è reperibile presso: Libreria Gogol & Company (via Savona 101, Milano), Libreria Punto Einaudi (via Pace 16 Brescia), Edicola via Curiel (Trezzano s/n)

Tiziano Butturini, prima Sindaco di Trezzano e successivamente Presidente delle Società TASM e AMIACQUE, è stato arrestato il 22 febbraio 2010 ed è rimasto detenuto per n° 4 mesi. Successivamente, a seguito di “patteggiamento” è tornato libero il 22 giugno 2010. Noi del Corriere abbiamo voluto porre a Butturini, alcune domande perché possa raccontare la sua verità:
Il libro lo ha scritto in primis per se stesso o per  la gente che l’ha conosciuta ?
«E’ un memoriale, non un diario. Il primo manoscritto è stato steso nei quattro mesi di custodia cautelare a San Vittore, dal febbraio al giugno 2010, in seguito l’ho rivisto comprendendovi anche aneddoti ed episodi descritti nelle lettere quotidiane che scrivevo a casa oltre che fatti successivi accaduti nel corso della espiazione della pena agli arresti domiciliari. Ho voluto raccontare una esperienza terribile quanto assurda che mai avrei pensato di vivere.  Immaginando la sconcerto di quanti mi conoscevano per l’attività svolta a Trezzano e nelle aziende del ciclo idrico milanese, ho ritenuto di dovere dare spiegazioni perché la sentenza non fosse il mio epitaffio. Lo choc per l’arresto e la condanna richiedevano narrassi la mia verità, non senza documentati rilievi critici su come sono stato considerato e trattato».

Il Parroco di Trezzano Don Franco Colombini e l'Autore Tiziano Butturini

Lei ha dichiarato di essere stato arrestato sulla base di intercettazioni e di accuse rivoltegli da persona detenuta, politicamente impegnata nel Centrodestra a Cesano. Vuole spiegare come si sono in effetti, secondo Lei, svolti i fatti e perché ?
«La direzione Distrettuale Antimafia di Milano, svolgendo indagini nei confronti del clan Barbaro-Papalia di Buccinasco,  indagò anche sui titolari della Kreiamo di Cesano Boscone. In particolare, il 23 dicembre 2008 una intercettazione ambientale rivelò un dialogo tra loro che verteva su 5mila euro che, secondo gli inquirenti, mi sarebbero poi stati dati. Una presunta tangente davvero singolare: i soldi sarebbero stati prelevati dal Vice Presidente di Kreiamo sul conto personale in rosso del Presidente della società, su mandato del medesimo che aveva telefonato al Direttore della banca per avere disponibilità, e annotati nella contabilità aziendale sotto la voce “Tiziano”. Dopo circa un anno, il 3 novembre 2009, la Procura “informava” che mi stava indagando per “indizi di reità legati alle iniziative immobiliari portate avanti dai titolari di Kreiamo”, ipotizzando a mio carico il reato di corruzione aggravata e continuata. Lo stesso giorno arrestarono diverse persone del clan e i vertici di Kreiamo. L’imprenditore a capo di quella società, detenuto, venne interrogato più volte dai PM riferendo, a suo dire, di diverse dazioni a mio favore sia per futuri incarichi da parte di TASM che riguardo a pratiche urbanistiche presso il Comune di Trezzano. Su queste basi il pool antimafia mi fece arrestare il 22 febbraio 2010 anche se l’unico episodio secondo i PM per me penalmente rilevante rimaneva la sola dazione dei 5mila euro. Interrogato dal GIP negai di avere avuto denaro, mettendo in risalto che chi mi accusava non era solo un imprenditore, ma persona nota per il suo impegno politico nel centrodestra a Cesano e in rapporto con esponenti  di primo piano del PdL in Provincia e Regione. Chiarii che il mio arresto avrebbe favorito quella cordata di potere sia nelle società pubbliche dell’acqua che presiedevo che a Trezzano, dove mia moglie Liana stava concludendo il mandato di Sindaco in procinto di ricandidarsi. Spiegai la natura del nostro rapporto, asserendo che un consigliere di amministrazione di TASM, nominato dal centrodestra, mi aveva chiesto più volte di incontrare quella persona, che effettivamente mi parlavano anche di Trezzano chiedendo consigli, ma che non si trattava di denaro. Quanto agli incarichi da TASM, erano iniziati quando io non ero ancora amministratore e comunque conclusi nel 2006. La mia tesi sulle intercettazioni del 23 dicembre 2008 era che il capo di Kreiamo stesse millantando con i suoi di avere rapporti con me di natura diversa da quelli che effettivamente erano».
Il titolo del libro, NON E’ GIUSTIZIA, lascia supporre che secondo Lei non è stato giudicato secondo giustizia. Prima del suo processo nutriva la stessa convinzione sulla Giustizia? Perché la stessa, secondo Lei, si è comportata così nei suoi confronti ?
«Sono stato coinvolto, mio malgrado, in una vicenda giudiziaria di antimafia in cui non c’entravo niente a causa di persone che svolgevano attività sia lecite (come con TASM) che illecite (con i clan). Naturalmente lo affermo ex post, perché nulla potevo supporre sui rapporti illegali di Kreiamo evidenziati dall’indagine. La DDA di Milano è stata molto dura nei miei confronti perché ha creduto a chi mi accusava, lo sottolineo, senza mai neppure interrogarmi. D’altra parte il titolare di Kreiamo, diventato pro domo sua una sorta di collaboratore di giustizia, ha così evitato il peggio in raffronto al suo vice. A me è stato riservato un trattamento particolarmente severo: la detenzione nel carcere di San Vittore, la classificazione di detenuto Attenta Vigilanza e Divieto Incontro, la decisione di trattenermi in custodia cautelare anche dopo la conclusione delle indagini, la richiesta di giudizio immediato, i ritardi nella fissazione del processo con rito abbreviato da me richiesto, il continuo cambio di celle, il diniego agli arresti domiciliari anche dopo la fine delle indagini con motivazioni che già rivelavano l’intento di condanna e della successiva permanenza in carcere, l’induzione al patteggiamento della pena con in aggiunta il nuovo capo d’imputazione del millantato credito senza riscontri e fondamento alcuno, la lunghissima successiva fase degli arresti domiciliari in completo isolamento prima dell’affidamento al servizio sociale del Ministero, la notifica della cartella di pagamento Equitalia per un importo abnorme di spese processuali pari a € 250mila per intercettazioni ad altri con pene non ancora definitive, la citazione della Corte dei Conti per risarcimento di danno d’immagine a TASM (€ 56mila). Tutto ciò nel contesto di una campagna di stampa che all’unisono mi raccontava come “Ex Sindaco corrotto dalla ‘Ndrangheta”, nonostante non fossi più Sindaco dal 1994 e che nella mia sentenza non ci sia la criminalità organizzata. Una sequela di eccessi senza pari per una corruzione presunta di 5 mila euro a fronte di un incarico mai conferito. Naturalmente prima che fossi travolto dalla vicenda avevo altre idee sulla giustizia che nel mio caso, come argomento nel libro, non è stata tale. Sono stato trattato come uno straccio perché nessuno mi ha difeso e perché nel clima di caccia alle streghe della nuova tangentopoli, si fa di ogni erba un fascio».
Lei ha sostenuto che il suo arresto ha favorito chi la stava accusando e i suoi capi politici che avrebbero potuto sostituire sua moglie in Comune. Secondo Lei si è dunque trattato di un complotto ordito da chi e per che cosa ?
«Al di là delle opinioni, ci sono situazioni oggettive rilevate dagli inquirenti e fatti accaduti. Una componente del PdL aveva in animo di sostituire me e Liana con precise persone di loro gradimento. Al GIP ho fatto i nomi. A Trezzano prima di candidare a Sindaco il ciellino Giorgio Tomasino, era stata presentata pubblicamente la candidatura di un ex consigliere socialista a Cesano, ex medico di famiglia del titolare di Kreiamo. In contemporanea con il mio arresto, fu notificata a Liana Scundi, Sindaco in carica, una Informazione di Garanzia per corruzione poi archiviata e finita in un nulla di fatto».
Come ha valutato il comportamento del PD, suo partito, nei suoi confronti ?
«Davvero sorprendente. Dopo l’avviso di garanzia, non mi chiesero spiegazioni che comunque diedi sia a Trezzano che a Milano. Poi con l’arresto mi disconobbero: il segretario provinciale Roberto Cornelli sostenne addirittura che non ero del PD. In una dichiarazione Pierfrancesco Majorino, allora capogruppo al Comune di Milano, al riguardo sostenne quanto dentro le istituzioni e le forze politiche fosse utile affrontare una nuova questione morale… augurandosi che la Magistratura non guardasse in faccia nessuno affinché gli episodi di corruzione e le eventuali forme di complicità verso gli esponenti di organizzazioni illegali o criminali emergano. Concluse auspicando che i partiti mettessero immediatamente alla porta tutti quelli che sono coinvolti rispetto a simili inquietanti vicende. Difficile immaginare qualcosa di peggio nei confronti di un indagato che veniva posto in custodia cautelare. Quasi una istigazione alla condanna. Certo nel PD c’era anche chi la pensava diversamente su di me, ma tacque. Ho letto di un esponente nazionale del partito che commentando l’arresto di un dirigente ligure così si espresse: L’ente da lui guidato è stato un punto di riferimento. Sul suo rigore morale e sull’onestà sento di mettere la mano sul fuoco. All’azione della Magistratura è dovuto rispetto anche se in questo caso facciamo veramente fatica a credere alle ipotesi avanzate. Mi auguro che venga fatta chiarezza su una vicenda che lascia l’amaro in bocca. Tuttora, alle prime tre partecipate presentazioni del libro, non ho visto nessun dirigente del PD. Se comprendo l’imbarazzo, vorrei davvero che qualcuno trovasse il tempo per leggermi. Poi non cambierebbe nulla. La linea del partito è oggi tale che non si permette polemiche con la Magistratura, specie milanese».

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