L’Italia, dando prova di saper cambiare, dimostrerà  di possedere le doti  per realizzare le giuste opere che daranno benessere al nostro Paese

L’accordo che si è raggiunto, il cui contenuto è prettamente solidaristico, dimostra  che è stato sconfitto il progetto sovranistico voluto dai populisti europei. Il merito va riconosciuto in particolar modo alla Cancelliera Merkel, all’asse franco-tedesco. La giusta  decisione del Consiglio Europeo di creare un debito “comune” è un modo di trasformare una difficoltà in una opportunità. E’ emerso con chiarezza che dopo l’accordo tutti i Paesi europei dovranno rinnovare le proprie strutture economiche e sociali ed in particolar modo l’Italia.

Se il nostro PIL, infatti, è messo peggio di quello dei nostri alleati europei è perché non abbiamo saputo stimolare la concorrenza, la produzione e non abbiamo saputo  e/o voluto colpire l’evasione fiscale. E’ necessario che l’Italia dia segni concreti  di avere voglia di realizzare ciò che serve alla nostra economia. C’è da non perdere tempo, mettendo da parte gli inutili trionfalismi.

Il vero problema italiano è come gestire gli “aiuti”, come evitare di sciupare l’occasione storica di rimettere in sesto l’Italia dopo il problema pandemico. Malgrado la conquistata popolarità da parte di Conte è noto come all’interno della maggioranza si avvertano, a più riprese, forti  tensioni. Tanto per accennarne qualcuna: Il PD apre un nuovo fronte: La richiesta dei fondi previsti dal MES per sanità e scuola che, come è notorio, ne hanno estremo bisogno. Tale ipotesi, peraltro comprensibilissima, vede i 5 Stelle, come al solito, fortemente contrari. In tale rifiuto, ed è grave, M5s e Conte rimangono fianco a fianco peraltro con la Lega che si trova all’opposizione e Conte dovrà spiegarne i motivi di tale diniego a Zingaretti, Segretario del PD, che della maggioranza invece è parte. Tale presa di posizione del Movimento naturalmente rimbalza violentemente dentro la coalizione governativa, percorsa da tale Movimento, innervosito, sembra strano, dal successo di Conte. Lo stesso Premier, peraltro, è destinato a scontrarsi con gli alleati, sulla gestione dei fondi che arriveranno dalla Commissione UE, che pensano siano troppi i soldi per lasciali in mano solo a “Chigi” che vuol dire anche 5Stelle. Come si può capire questo Governo, in questo momento particolare, proprio di queste pulsioni stataliste grilline, non ne avrebbe proprio bisogno. Ciò naturalmente allarma e porta ad interrogarsi se esiste una possibile alternativa all’attuale maggioranza di Governo, senza passare dal vaglio delle elezioni, per attivare, con la serenità dovuta, una concreta politica del cambiamento, realizzando in maniera compiuta le opere che ci perverranno dal varo del Recovery Fund. Purtroppo, un attento esame delle nostre forze politiche allo stato, non lascia prevedere possibilità di maggioranze alternative ed il Paese deve navigare a vista sperando che pezzi dell’opposizione, in eventuali difficili momenti, mostrino segni di responsabilità concorrendo alla stabilità ed alla ripresa del Paese. Le somme che ci perverranno ci permetteranno di raddoppiare gli investimenti pubblici per ciascuno dei prossimi sei anni, consentendo così di risollevare il Paese. L’Italia naturalmente dovrà saper preparare i piani di ripresa, specificando il programma di riforme e d’investimenti. Tali documenti dovranno arrivare a Bruxelles entro metà ottobre, con indicazioni dei costi e dei tempi. E’ inteso che tali investimenti dovranno rafforzare il potenziale di crescita e la creazione di posti di lavoro. Non c’è dunque tempo da perdere. Si spera che l’Italia abbia la capacità di eseguire in fretta e bene i piani di tale portata. Ci sarà una vigilanza dell’Unione e degli altri Governi sull’esecuzione di ogni passaggio operativo.

 Il Ricovery Fund è una occasione per rimettere in piedi l’Italia ma il nostro Paese, per guadagnarsela, deve dimostrare di essere proiettato in avanti, di essere concreto, di sapere abbandonare la politica spicciola, di saper fare esclusivamente l’interesse della propria collettività, sapendo bene operare nell’interesse della stessa.

di Salvatore Randazzo