Il 25 novembre, al Teatro Cristallo di Cesano Boscone, si è tenuta una rappresentazione per indagare sulle cause della violenza sulle donne, con un singolare punto di vista…

Istituita 17 anni fa dall’ONU, come ogni anno il 25 novembre si è tenuta la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, una sola data per ribadire un messaggio che dovrebbe essere invece ripetuto ogni giorno.
Il Comune di Cesano Boscone, in collaborazione con l’Associazione Symplokè dell’Avvocato attivista Sonia Gaiola e il circolo Donne Sibilla Aleramo che, insieme, gestiscono lo Sportello Opportunità della cittadina per l’aiuto a vittime di stalking e di violenza, ha deciso di celebrare questa manifestazione ospitando al teatro “Cristallo” lo spettacolo “Fragile violento”, una rappresentazione che cerca di indagare, in relazione al tema della violenza sulle donne, sul rapporto uomo-donna, sull’influenza che possono avere gli stereotipi della società e sulle mancanze del Sistema Giudiziario.
La storia, ispirata alle numerose segnalazioni che ogni giorno lo Sportello Opportunità di Cesano Boscone raccoglie, è simile a quelle che purtroppo ci capita di sentire tutti i giorni: Silvia è una ragazza di ventitrè anni che non sopportando più una relazione troppo oppressiva decide di metterle fine, ignorando che da lì inizierà il vero incubo che la porterà, dopo una lunga agonia, alla morte, bruciata viva nella sua macchina da colui che diceva di amarla.
Ma se la storia ricorda tristemente molte altre, quello che è veramente innovativo e che impressiona di questo spettacolo, è il punto di vista da cui viene raccontata la vicenda: quello del padre, figura maschile che forse più di tutte è sensibile al dramma del femminicidio, come uomo che perde la sua “bambina” a causa di un altro uomo.
Il signor Battiston, questo il nome di fantasia che viene dato al papà della vittima, viene costretto ad un ciclo di sedute da una psicologa dopo aver tentato di assalire all’uscita del Tribunale l’assalitore di sua figlia.
Lo spettacolo è incentrato praticamente solo sul monologo del padre che, interrotto solo poche volte dalle domande o dagli incitamenti della dottoressa, parte spiegando quanta fosse la rabbia che l’ha portato a tentare di assalire il ragazzo per spiegare le ragioni del suo gesto, ma ben presto i suoi discorsi si spostano su altre tematiche: dagli uomini che fanno del male alle donne, cercando di capire come ciò sia possibile, agli errori che pensa di aver fatto lui come padre fino al racconto di quanto successo alla figlia in quella terribile giornata.
Un flusso di coscienza in cui i toni passano dalla disperazione alla rabbia e all’incredulità rispetto a quanto accade, o potrebbe accadere, ogni giorno ad una donna.
Il monologo del signor Battiston, viene interrotto nel modo più terribile: una telefonata dell’ospedale gli comunica che la figlia non ce l’ha fatta e lui, con un dolore troppo grande da sopportare per qualsiasi padre, abbandona piangendo il palco.
Le ultime parole dello spettacolo sono pronunciate proprio da lei, dalla ragazza che non è riuscita a sopravvivere, e che spiega il suo dramma ma, soprattutto, spiega perché ha scelto di far raccontare la storia da suo padre: se l’avesse fatto lei, dice, avrebbe sicuramente raccolto la solidarietà delle donne presenti, mentre le lacrime e i discorsi di un papà a cui è stata strappata via la figlia da un altro uomini sarebbero sicuramente state in grado di far breccia nel cuore degli uomini lì presenti.
Perchè la violenza purtroppo, quella “bestia”, come è stata giustamente definitiva nello spettacolo, è insita nell’essere umano e su essa si deve lavorare per non lasciarla uscire fuori nelle sue diramazioni più terribili che spesso sono anche le più nascoste e che si rivelano quando ormai è troppo tardi. Proprio questo raccontano tante storie di donne che arrivano allo Sportello Opportunità che ogni giorno lavora, insieme a tante altre associazioni del territorio tra cui forse primeggia “La rosa dei venti”, per non lasciare sole le donne vittime di violenza e aiutarle sia all’inizio a trovare il coraggio di venirne fuori e denunciare sia in un secondo momento a ricostruirsi una vita, magari in un altro luogo dove potranno forse un giorno capire finalmente che chi ama non uccide.

di Silvia Meloni