E’ necessario dunque trovare nuovi creditori disposti a concederci a tassi sostenuti, finanziamenti a medio e lungo termine per coprire nuovi deficit, per destinarli alla pura assistenza, previdenza ed investimenti pubblici, lasciando briciole per gli investimenti privati che solo loro generano vera occupazione?

La prima manovra del “Governo del cambiamento” si propone come una sfida sia rispetto a quelle presentate dai Governi precedenti che nei confronti delle regole europee che intendono imporre all’Italia, Paese con un debito pubblico del 130% del PIL, una rigorosissima disciplina di bilancio. La manovra per il 2019 è di 37 miliardi. Ma la stessa, tolti i 12 miliardi e mezzo che il Governo deve impiegare per impedire l’aumento dell’IVA, si riduce a circa 25 miliardi, destinati per 17 miliardi al reddito e pensione di cittadinanza da una parte e quota “100” dall’altra. Della Flat tax c’è ben poco. Certamente è corretto aiutare i più bisognosi. Fare però ciò mettendo a rischio la stabilità dell’intero bilancio pubblico si può rilevare una operazione che va a danno anche degli stessi soggetti che si vogliono proteggere. Il Governo, pertanto, per finanziare l’aumento della spesa pubblica intende fare ricorso all’indebitamento che si fermerà al 2,4% del prodotto interno lordo, soltanto se questo ultimo crescerà dell’1,5% dell’anno prossimo. Ma in Europa ed in Italia su tali aumenti gli esperti non credono. Gli sprechi che Lega e 5Stelle hanno trovato si riducono a misure irrilevanti. E dunque il denaro di cui c’è bisogno per mantenere le promesse follemente fatte agli elettori da Lega e 5Stelle riverranno principalmente dagli indebitamenti. Si dovrà dunque fare debito pubblico che dovrà domani essere pagato dai giovani. La riuscita di tale manovra così impostata non può che essere riposta in un puro……. atto di fede. Troppo poco! Gli analisti di Moodys, che hanno declassato la stessa non hanno certamente creduto alle chiacchiere dei nostri uomini di Governo e non si può dare loro torto per tale negativo parere. Il loro voto serve, infatti, ad orientare le scelte degli investitori, molti degli stessi sono fondi pensione di lavoratori che hanno già acquistato titoli del nostro debito pubblico quando la nostra economia dava loro garanzie (l’Italia era la seconda manifatturiera d’Europa, la nostra bilancia dei pagamenti esprimeva un saldo positivo), non certamente oggi in cui il solo debito farà da vero protagonista. Lo spread in questo periodo peraltro spesso supera la soglia dei 300 punti e mentre il nostro Governo aveva assicurato all’Europa che avrebbe rispettato gli impegni fermando il deficit intorno all’1,6%, ha poi presentato un bilancio con un deficit del 2,4%, praticamente un deficit tre volte superiore. Chi può fidarsi delle dichiarazioni che rilasciano i nostri governanti? Con il movimento al rialzo dei tassi dei titoli di Stato la posizione del Governo non può, nell’interesse dell’intero Paese, rimanere rigida. Se non si alleggerirà la struttura del Bilancio allora il costo del debito e la situazione delle banche si farà sempre più pesante. In altri termini se il Governo non accetta di modificare la propria manovra, rischia di non metterla in atto già dal primo gennaio del prossimo anno. Non a caso le agenzie di rating hanno bocciato la manovra italiana. Ed al Vice Presidente del Consiglio che sostiene che in caso di bocciatura europea della manovra, l’Italia non tornerà indietro, c’è da chiedergli dove troverà i soldi per attuala. Il 23 ottobre, per la prima volta nella sua storia, la Commissione Europea ha bocciato una manovra. Proprio la nostra “manovra” ed ha dato tre settimane di tempo per presentarne una nuova facendo presente che le previsioni d’incremento del PIL inviate a Bruxelles per giustificare l’allargamento del deficit fino al 2,4% sono decisamente irrealistiche. La scelta dunque della politica espansiva di cui alla nostra manovra è destinata al fallimento ed il conseguente spread crescente creerà lo sfascio della nostra economia. L’Europa nel respingere al mittente la predetta catastrofica nostra manovra ha comunque aperto al negoziato definendo il nostro Ministro Tria un interlocutore legittimo e credibile. Per la verità recentemente Tria ha cercato più volte di spingere i colleghi di Governo verso una maggiore prudenza. Sa bene il nostro Ministro che il nostro Paese da tutti i segni di non poter resistere ai futuri livelli di elevato stress finanziario senza scivolare in una recessione letale. Tria conosce esattamente oltre che le regole europee che vanno rispettate anche le dinamiche dei mercati ed intende fermare il continuo degrado cui andrebbe incontro l’Italia proprio su una conseguente presa di posizione negativa dei mercati. Neanche uno spread sui 300 punti sarebbe per l’Italia sostenibile a lungo. Il Ministro ha fatto più volte presente proprio recentemente ai colleghi di Governo di sapersi tenere pronti a reagire a questi ultimi. L’Italia dunque deve saper limare i propri obiettivi di deficit puntando sin dall’inizio ad un disavanzo decisamente più basso del 2.4%. In caso contrario se il Governo, per assecondare per fini puramente elettorali le due forze politiche nello stesso presenti, persistesse nel mantenere inalterata la manovra precedentemente presentata, dovrebbe rendersi conto che la rovina della nostra economia che da tale condotta ne deriverebbe porterebbe alla vendita all’istante dei nostri titoli di Stato di circa 100 miliardi, rischiando così di perdere il controllo dell’economia del Paese in quanto si vedrebbe precluso l’accesso ai finanziamenti che servono allo Stato per funzionare quotidianamente. Uno scenario del genere Tria deve proprio scongiurarlo ma lo dovrebbe scongiurare l’intero Governo se lo stesso ha a cuore, non solo a parole, il popolo italiano. Proprio recentemente il nostro Presidente della Repubblica ha ricordato, con la saggezza e competenza che lo contraddistingue, che “nessuno può sottrarsi all’equilibrio dei conti perché il disordine porta a contraccolpi per i deboli”.

Di Salvatore Randazzo