Renzi, malgrado il “tutti contro uno”, ha perso guadagnando più del 40%. Pensando al consenso ottenuto dal solo Renzi, il restante 60% ha molto da riflettere, per quella che sarà l’evoluzione politica del nostro Paese

La “Riforma” referendaria proposta è stata bocciata ma – considerato lo stato di arretratezza in cui versa il Paese che il SI avrebbe contribuito ad eliminare – i cittadini sono obbligati a non archiviare la voglia di cambiare, imponendo alla classe politica di trovare la giusta soluzione per creare un nuovo Governo forte e capace, per dare all’Italia competitività, modernità, funzionalità, crescita e lavoro, che il NO in un sol colpo ha cancellato. Certo per Renzi era inevitabile una sconfitta avendo contro i 4/5 dei Partiti italiani e la Sinistra che fa capo al suo PD. Si debbono, inoltre, ritenere privi di etica alcuna i rappresentati di quei partiti (Sinistra Dem e Forza Italia) che in Parlamento hanno precedentemente approvato le norme oggetto di “riforma”, chiedendo poi ai propri elettori di votare NO e dunque di bocciarle. E’ poi apparso di estrema chiarezza che erano del tutto strumentali tutte quelle disquisizioni giuridiche, avanzate dai rappresentanti del NO per criticare la “proposta” renziana in quanto, le dichiarazioni poi rilasciate da questi ultimi, erano inequivocabili. La loro lotta era rivolta non contro la proposta di Renzi ma contro Renzi persona, per “mandarlo a casa”. A costoro interessavano, come in passato, le sole “poltrone”. Hanno fatto di tutto i suoi avversari di destra e di sinistra, nelle settimane precedenti al voto di renderlo, agli occhi di tanti cittadini, insopportabile, odioso, quasi un pericolo per la democrazia, descrivendo la sua riforma come l’anticamera della dittatura. Dimenticando loro, artatamente, nel breve tempo in cui Renzi ha governato, le buone leggi che il suo governo ha promosso, l’impulso che ha impresso in certi settori della Pubblica Amministrazione, la sua costante insistenza di svecchiare, sveltire e semplificare in tutti i settori della cosa pubblica. Per voler spiegare l’insuccesso di Renzi, oltre agli offensivi trattamenti allo stesso riservati dai suoi avversari sopra cennati, che hanno creato danni non da poco, certamente il Presidente del Consiglio non ha avuto a disposizione veri esperti di comunicazione. In particolare al Sud, ed al suo proverbiale declino politico-storico, i tecnici di comunicazione della Presidenza del Consiglio avrebbero dovuto dare il giusto indirizzo comunicativo e certamente si sarebbe forse in parte evitato l’effetto catastrofico che ne è derivato. Va tenuto conto che i tanti cittadini che hanno preferito il NO, hanno sentito, in larga misura, la povertà avanzante, proprio sulla propria pelle e ciò non gli ha fatto percepire i benefici che la “riforma” renziana avrebbe potuto dare. E guarda caso costoro che hanno votato NO abitano principalmente nel Centro Sud del Paese dove la disoccupazione e la miseria sono, da illo tempore, imperanti. Tali cittadini sono vittime principalmente delle politiche di Governi di Centrosinistra e Centodestra, che da tantissimi anni a questa parte hanno favorito, mal governando, tale critiche situazioni. Tali movimenti politici non hanno inoltre combattuto, come avrebbero dovuto, la corruzione e le mafie che tante volte sono state funzionali al “sistema”, con le ricadute negative che conosciamo. Nei giorni in cui ha governato Renzi non poteva di certo far diventare oro un Paese che i suoi predecessori hanno ridotto quasi in bancarotta. Ha avviato il lavoro di “riforma” per ammodernare un Paese da tutti riconosciuto arretrato, lavorando tanto e bene nell’interesse dell’Italia ed a seguito della vittoria del NO e di fronte alla richiesta del Presidente della Repubblica di rimanere in carica fino all’approvazione del Bilancio, per senso di alta responsabilità, ha accettato l’invito rivoltogli. Ma, a manovra approvata, ci chiediamo cosa accadrà e tale domanda da tantissimi esponenti politici è stata rivolta al Presidente del Consiglio. Renzi ha assicurato che non lascerà la carica di Segretario del PD. Le dimissioni di Renzi quale Capo dell’Esecutivo, vanno dunque salutate come un atto di responsabilità. Si nota come la vittoria del NO fa fibrillare il Centrodestra che aspetta il pronunciamento della Corte Costituzionale sull’Italicum. Ma i problemi tra Forza Italia e la Lega non sono allo stato per nulla risolti sia per quanto riguarda l’Europa, che, per le Primarie, per la scelta del leader. Forza Italia è anche divisa tra l’area più vicina a Salvini e quella di pura identità forzista, inoltre Berlusconi dichiara di non avere delfini e Parisi, che sarebbe il più accreditabile, è malvisto per gelosia dai notabili di FI e da Salvini. Gli azzurri non debbono dimenticare peraltro che il vero ed unico Leader di F.I, nonché detentore della stragrande maggioranza dei voti azzurri, è solo Berlusconi che, al momento, non è candidabile e pertanto alle prossime elezioni la vittoria del centrodestra, anche per tali motivi, è fuori portata. Rimane, dei “proprietari del 60%”, il Movimento 5 Stelle che da solo non vede nemmeno in fondo al tunnel una luce di speranza per vincere le elezioni. Qualche esponente ha ipotizzato di volersi associare al Centrodestra, forse per ricambiare la cortesia romana dei voti regalati alla Raggi da tale coalizione. Ma altri esponenti più accreditati hanno dichiarato “che è meglio perdere con una corazzata che vincere con una squadra di persone non fidate”, perché un conto è associarsi per fare opposizione, altra cosa è fare coalizione con dei non affidabili per governare. Ne verrebbe fuori una instabilità permanente. Insomma allo stato quel 60% conquistato che ha bocciato purtroppo una riforma che poteva permettere al Paese di rinnovarsi, data la totale diversità di vedute dei “proprietari”, diventa molta poca cosa per permettere loro di governare il Paese, al punto che, a differenza del 60%, il 40% di Renzi da più possibilità di governare bene l’Italia. Ma ora la crisi passa nelle mani del Presidente della Repubblica che capisce perfettamente che la legislatura è agli sgoccioli e sarebbe bene andare alle elezioni, approvando prima una riforma elettorale che tenga conto delle indicazioni della Corte Costituzionale ed armonizzi il sistema della Camera e del Senato. Il Presidente della Repubblica, consapevole che l’Italia ha bisogno di un Governo in “tempi brevi”, ha incaricato Paolo Gentiloni a succedere a Matteo Renzi quale Presidente del Consiglio dei Ministri e ciò in base ai chiari segnali di approvazione espressi da tutto il PD sul sostegno al nascituro Governo. Tutte le forze politiche, nel vero interesse del Paese, essendo per tanti versi quasi tutte responsabili, chi più chi meno, dello sfascio italico, dovrebbero essere ora disponibili a facilitare la soluzione della crisi e l’umiltà di tutti sarebbe la loro prima ricchezza da offrire al Paese. L’ Italia merita la giusta considerazione, deve crescere, deve dare lavoro alla propria gente, non deve sfruttare più “pantalone”, eliminando la evasione e la elusione e dunque ha bisogno stabilità politica che elimini le mafie e la corruzione, che si doti di una classe dirigente di alto valore morale e capacità professionale e di un Governo che la sappia governare e rappresentare.

di Salvatore Randazzo

Governo Renzi – attività svolte nei 1.020 giorni:

Provvedimenti per la riforma costituzionale – PIL: 1,6% – rapporto deficit PIL: – 0,4% – debito pubblico: – 43 miliardi – consumo famiglie: + 3% – occupati totali + 656.000 – tasso di disoccupazione: – 1,1 (giovanile -5.9) – produzione industriale + 2,3 – export 7.4% -bilancia commerciale + 18,3  mld – adozione decreti attuativi: + 32% – Jobs act –  buona scuola – stop irap e taglio ires – 80 euro per 11 milioni di italiani con reddito inferiore a 1500 euro al mese – 80 euro in più al comparto sicurezza – riduzione canone rai – abolizione equitalia – processo civile telematico – stop tasse agricole – banda ultralarga e crescita digitale – unioni civili – divorzio breve – riforma terzo settore e servizio civile – legge contro il caporalato – bonus bebè  di 960 euro per ogni nato e per tre anni – aumento pensione minime da jun minimo di 100 ad un massimo di 500 – riforma cinema ed audiovisivo – legge contro i reati ambientali – legge depistaggio – tetto stipendi pubblica amministrazione a 240 mila euro