Se gli Stati Uniti di America rallenteranno il sostegno militare saranno responsabili della sconfitta Ucraina e non solo

Il destino dell’Ucraina dipende in buona parte da come finirà lo scontro politico nel Congresso degli Stati Uniti. Non è una rissa sui grandi valori ma un momento caotico che vive il Paese già immerso in una altra tossica campagna elettorale. Alla Camera ed al Senato USA esiste una solida maggioranza bipartisan che considera criminale l’aggressione putiniana. Ma Trump preparando i suoi spot televisivi per le primarie di gennaio ha messo in rilievo che Biden ha dimenticato come vera emergenza: L’invasione dei migranti. Considerata più importante a suo dire della questione ucraina.

Il grosso del Partito repubblicano pur confuso dalle mosse dell’ex Presidente non è in linea di principio contrario ad altri aiuti militari all’Ucraina ma non vorrebbe allo stesso tempo smarcarsi dalla strategia trumpiana e quindi chiede di approvare contestualmente la spedizione di armi a Kiev e misure di controllo più severe alla frontiera con il Messico.

Biden ha proposto un pacchetto sicurezza onnicomprensivo. La proposta presidenziale non è bastata. La Segretaria al Tesoro Yelen ha sottolineato che se gli USA allenteranno il sostegno militare saranno responsabili della sconfitta ucraina.

Anche la manovra europea per aiutare l’Ucraina rischia di essere bloccata per il divieto dell’ungherese Orban, amico di Putin.

Come si può capire la questione che si è posta è molto difficile da portare ad una giusta soluzione. Putin ha fatto sapere che sarebbe ora di terminare la guerra ma non ha chiarito a quali condizioni. Negli ambienti europei si pensa che la Russia potrebbe accontentarsi di mantenere la presa sulla Crimea e su una parte del Donbass. Anche i rappresentanti dei Paesi del Golfo si sono fatti avanti per ricercare una soluzione di pace ed in questa situazione ogni mediazione può essere utile. Però la causa della libertà ucraina ha ancora bisogno della spinta politica dell’intero Occidente che non può sentirsi “stanco”.

Di Salvatore Randazzo